Prostituzione sotto la Legislazione dei Talebani
Relazione RAWA, Marzo 2001
Quanto state per leggere non dà assolutamente un’immagine esauriente delle sofferenze e della miseria della fascia più vittimizzata, deprivata e violata della popolazione agonizzante dell’Afghanistan - in particolare della sua capitale stuprata, Kabul. La relazione che segue serve solo a puntualizzare i seguenti aspetti :
- Al contrario di quanto affermato dai patetici criminali talebani e della Jihadi, la ferocia dello “Stato Islamico” e del suo sostituto, l’”Emirato Islamico” dell’Afghanistan non solo non ha avuto il benché minimo impatto nel ridurre la prostituzione - questa pesante violazione dei diritti delle donne - nel paese, ma la loro “pia” criminalità ha fatto aumentare il commercio della “carne” in modo enorme.
- Una volta di più, nonostante le opinioni ridicolmente infantili delle bandi di talebani e di seguaci del fondamentalismo Jihadi, il flagello dell’AIDS non conosce frontiere nazionali o religiose. L’infezione del virus HIV è penetrato da lungo tempo nella società afgana e si è diffuso soprattutto fra le prostitute dove reclama vittime silenziose. I governanti fondamentalisti dell’Afghanistan sono ignoranti in maniera troppo insensibile per poter valutare la minaccia reale dell’a AIDS. Nella loro cosiddetta “erudizione” puerile e arrogante, essi sono convinti che basti cantare la parola di freno "Islam" e il loro Sharia (la legge coranica, N.d.T.) effettuerà il miracolo portando l’Afghanistan contaminato dal fondamentalismo ad essere esente dall’ AIDS!
- L’"Emirato Islamico" con il suo voler nascondere dietro la bandiera dell’"Islam" e con la “Legge di Sharia" ogni e tutte le infamie, arrivando anche alla lapidazione a morte e ad esecuzioni arbitrarie, non potrà mai sperare di far suppurare i mali sociali e in particolare la prostituzione. Come abbiamo detto tempo addietro e lo ripetiamo ancora, essi possono solo far peggiorare la situazione.
- Uno dei crimini più indimenticabili di ogni e di tutti i regimi fantocci - da Taraki a Najib-è la propagazione della prostituzione e la devastazione fisica, mentale e morale delle donne afgane. I criminali della Jihadi hanno portato questa disgrazia fino al suo culmine. Più gli ipocriti talebani continueranno ad avvolgersi nell’Islam e nella legge Sharia e più si distingueranno per la vergogna e l’infamia. I fondamentalisti e i loro simpatizzanti mettono le prostitute davanti come un gruppo corrotto e intoccabile nella loro società di “puro Islam” e credono che la “purezza” della loro “pura” società si possa basare sulla persecuzione e sull’annullamento delle prostitute. Questo porta i nostri nobili e patriottici intellettuali a sostenere senza mezzi termini che qualsiasi ignominia associata al commercio vergognoso della carne, altro non è che un riflesso del marchio di vergogna e di disgrazia causato dai governanti fondamentalisti. Questi spregevoli governanti sono altamente meritevoli di ogni disprezzo, in quanto sono la fonte e la causa di tutti i flagelli sociali, compresa la prostituzione, nel nostro paese colpito a morte.
Quanto state per leggere non dà assolutamente un’immagine esauriente delle sofferenze e della miseria della fascia più vittimizzata, deprivata e violata della popolazione agonizzante dell’Afghanistan - in particolare della sua capitale stuprata, Kabul. La relazione che segue serve solo a puntualizzare i seguenti aspetti :
- Al contrario di quanto affermato dai patetici criminali talebani e della Jihadi, la ferocia dello “Stato Islamico” e del suo sostituto, l’”Emirato Islamico” dell’Afghanistan non solo non ha avuto il benché minimo impatto nel ridurre la prostituzione - questa pesante violazione dei diritti delle donne - nel paese, ma la loro “pia” criminalità ha fatto aumentare il commercio della “carne” in modo enorme.
- Una volta di più, nonostante le opinioni ridicolmente infantili delle bandi di talebani e di seguaci del fondamentalismo Jihadi, il flagello dell’AIDS non conosce frontiere nazionali o religiose. L’infezione del virus HIV è penetrato da lungo tempo nella società afgana e si è diffuso soprattutto fra le prostitute dove reclama vittime silenziose. I governanti fondamentalisti dell’Afghanistan sono ignoranti in maniera troppo insensibile per poter valutare la minaccia reale dell’a AIDS. Nella loro cosiddetta “erudizione” puerile e arrogante, essi sono convinti che basti cantare la parola di freno "Islam" e il loro Sharia (la legge coranica, N.d.T.) effettuerà il miracolo portando l’Afghanistan contaminato dal fondamentalismo ad essere esente dall’ AIDS!
- L’"Emirato Islamico" con il suo voler nascondere dietro la bandiera dell’"Islam" e con la “Legge di Sharia" ogni e tutte le infamie, arrivando anche alla lapidazione a morte e ad esecuzioni arbitrarie, non potrà mai sperare di far suppurare i mali sociali e in particolare la prostituzione. Come abbiamo detto tempo addietro e lo ripetiamo ancora, essi possono solo far peggiorare la situazione.
- Uno dei crimini più indimenticabili di ogni e di tutti i regimi fantocci - da Taraki a Najib-è la propagazione della prostituzione e la devastazione fisica, mentale e morale delle donne afgane. I criminali della Jihadi hanno portato questa disgrazia fino al suo culmine. Più gli ipocriti talebani continueranno ad avvolgersi nell’Islam e nella legge Sharia e più si distingueranno per la vergogna e l’infamia. I fondamentalisti e i loro simpatizzanti mettono le prostitute davanti come un gruppo corrotto e intoccabile nella loro società di “puro Islam” e credono che la “purezza” della loro “pura” società si possa basare sulla persecuzione e sull’annullamento delle prostitute. Questo porta i nostri nobili e patriottici intellettuali a sostenere senza mezzi termini che qualsiasi ignominia associata al commercio vergognoso della carne, altro non è che un riflesso del marchio di vergogna e di disgrazia causato dai governanti fondamentalisti. Questi spregevoli governanti sono altamente meritevoli di ogni disprezzo, in quanto sono la fonte e la causa di tutti i flagelli sociali, compresa la prostituzione, nel nostro paese colpito a morte.
Quanto state per leggere non dà assolutamente un’immagine esauriente delle sofferenze e della miseria della fascia più vittimizzata, deprivata e violata della popolazione agonizzante dell’Afghanistan - in particolare della sua capitale stuprata, Kabul. La relazione che segue serve solo a puntualizzare i seguenti aspetti :
- Al contrario di quanto affermato dai patetici criminali talebani e della Jihadi, la ferocia dello “Stato Islamico” e del suo sostituto, l’”Emirato Islamico” dell’Afghanistan non solo non ha avuto il benché minimo impatto nel ridurre la prostituzione - questa pesante violazione dei diritti delle donne - nel paese, ma la loro “pia” criminalità ha fatto aumentare il commercio della “carne” in modo enorme.
- Una volta di più, nonostante le opinioni ridicolmente infantili delle bandi di talebani e di seguaci del fondamentalismo Jihadi, il flagello dell’AIDS non conosce frontiere nazionali o religiose. L’infezione del virus HIV è penetrato da lungo tempo nella società afgana e si è diffuso soprattutto fra le prostitute dove reclama vittime silenziose. I governanti fondamentalisti dell’Afghanistan sono ignoranti in maniera troppo insensibile per poter valutare la minaccia reale dell’a AIDS. Nella loro cosiddetta “erudizione” puerile e arrogante, essi sono convinti che basti cantare la parola di freno "Islam" e il loro Sharia (la legge coranica, N.d.T.) effettuerà il miracolo portando l’Afghanistan contaminato dal fondamentalismo ad essere esente dall’ AIDS!
- L’"Emirato Islamico" con il suo voler nascondere dietro la bandiera dell’"Islam" e con la “Legge di Sharia" ogni e tutte le infamie, arrivando anche alla lapidazione a morte e ad esecuzioni arbitrarie, non potrà mai sperare di far suppurare i mali sociali e in particolare la prostituzione. Come abbiamo detto tempo addietro e lo ripetiamo ancora, essi possono solo far peggiorare la situazione.
- Uno dei crimini più indimenticabili di ogni e di tutti i regimi fantocci - da Taraki a Najib-è la propagazione della prostituzione e la devastazione fisica, mentale e morale delle donne afgane. I criminali della Jihadi hanno portato questa disgrazia fino al suo culmine. Più gli ipocriti talebani continueranno ad avvolgersi nell’Islam e nella legge Sharia e più si distingueranno per la vergogna e l’infamia. I fondamentalisti e i loro simpatizzanti mettono le prostitute davanti come un gruppo corrotto e intoccabile nella loro società di “puro Islam” e credono che la “purezza” della loro “pura” società si possa basare sulla persecuzione e sull’annullamento delle prostitute. Questo porta i nostri nobili e patriottici intellettuali a sostenere senza mezzi termini che qualsiasi ignominia associata al commercio vergognoso della carne, altro non è che un riflesso del marchio di vergogna e di disgrazia causato dai governanti fondamentalisti. Questi spregevoli governanti sono altamente meritevoli di ogni disprezzo, in quanto sono la fonte e la causa di tutti i flagelli sociali, compresa la prostituzione, nel nostro paese colpito a morte.
L’arrivo dei talebani ha fatto aumentare i problemi sociali soprattutto quelli economici delle donne afgane. Le donne afgane vivono sotto la disumana oppressione dei fondamentalisti talebani e della Jehadi, in situazioni disastrose dove viene loro negata la maggior parte dei diritti umani basilari. La proibizione talebana di permettere che le donne svolgano un lavoro ha portato a un’inondazione di donne disoccupate a Kabul. Queste donne disoccupate si trovano a dover affrontare gravi problemi finanziari e di conseguenza i loro bambini soffrono di fame, malnutrizione, di diverse malattie e di uno stato cronico di povertà. La maggior parte di queste donne ha dovuto lasciare le loro ultime fonti di reddito e hanno venduto le loro proprietà per comprare cibo. Le donne che hanno potuto lasciare il paese lo hanno fatto e quelle che non sono riuscite ad andarsene sono diventate mendicanti nel nostro paese. Una gran quantità di queste mendicanti sono ex-insegnanti ed ex-funzionari civili.Il cattivo stato dell’economia soprattutto a Kabul ha colpito duro sui miseri redditi di queste mendicanti. Il divieto per le donne di entrare nei negozi, negli alberghi e in altri esercizi commerciali ha inciso ancor più sui loro redditi, costringendo un grosso numero di loro a darsi alla prostituzione per poter sopravvivere loro e i loro figli.
Una vasta quantità di giovani vedove che erano la solo fonte di reddito delle loro famiglie, trovando tutte le possibili opportunità chiuse si stanno rivolgendo anch’esse alla prostituzione.
In base a una ricerca preliminare del problema, ci sono centinaia di nuove prostitute che raggiungono le file delle prostitute di professione. Queste donne lavorano soprattutto nelle loro case chiamate "Qala". Poiché i redditi da mendicante sta scendendo per le donne, ne consegue che aumenta il numero delle prostitute. Solo nella città di Kabul ci sono da 25 a 30 bordelli che lavorano attivamente e che, per motivi di sicurezza, cambiano continuamente residenza ogni uno o due mesi. Segue una breve relazione acquisita tramite alcuni di questi bordelli a Taimany, Hashuqan-o-Harifan, Qala-e-Zaman Kan, e nelle aree qul-e-abchakan di Kabul:
Ognuno di questi bordelli ha da tre a cinque donne che lavorano e vivono al suo interno. Alcuni dei termini che vengono usati sono : "Kharabati" (prostituta), "khala kharabati" (la maitresse del bordello), "Qala" (bordello) e "Qala dar" (ruffiani). Di solito l’ambiente è ostile e ci sono spesso litigi e problemi con i clienti. Ogni Qala dispone da due a tre Qala-dar e una khala-kharabati. I ruffiani maschi fungono da mediatori fra le prostitute e i loro clienti. Le donne anziane gestiscono gli affari interni del Qala; prendono i soldi dai clienti, preparano da mangiare e fanno altre faccende domestiche nel Qala. I clienti vanno nel Qala o le donne li vanno a trovare a casa loro. Un terzo modo è mediante un taxi. A causa dei rischi connessi alla sicurezza, questo modo è più difficile visto che i talebani hanno proibito l’uso del taxi alle donne senza la presenza di un "muharam" (parente maschio stretto). Pertanto, quando la prostituta vuole lavorare nel taxi, essa prende con sé un ragazzino di 6-9 anni. Questi bambini di solito sono presente all’atto e si dice che talvolta venga loro chiesto anche di partecipare agli atti sessuali. Una donna, M. H, ci ha riferito : "Un giorno ho deciso di lavorare nel taxi. Lungo Salang-wat Rd il tassista ha segnalato la presenza di due uomini con il turbante. Questi sono saliti sul taxi e noi siamo andati nella zona di Silo. Una volta arrivati a casa loro, essi hanno violentato mio figlio di otto anni e io non ho potuto fare niente per impedirlo. Il mio stato di bisogno ha messo a rischio la vita di mio figlio”. Lavorare nei taxi è più difficile. Talvolta le donne non vedono un cliente per giorni e giorni interi. I tassisti di solito non vogliono correre il rischio di restare coinvolti.
Le donne che non fanno parte di un Qala sono considerate come un rischio per la sicurezza in quanto potrebbero denunciare quelle che invece ne fanno parte ai talebani. Le donne che lavorano in un Qala di solito hanno tre tipi di carta di identità. Una carta di identità che le mostra come vedove con figli, che serve per ottenere aiuto dagli uffici delle Nazioni Unite o dalla Croce Rossa. Queste carte di identità non vengono usate molto, in quanto le donne cambiano rapidamente di domicilio e non vogliono correre rischi con i funzionari locali. Un altro tipo di carta di identità, le mostra come donne sposate con figli e serve per prendere in affitto le case e così via. Se i talebani arrestano queste donne per Zena (reato sessuale fuori dall’ambito matrimoniale) esse useranno la loro terza carta di identità che le mostra come donne nubili. Il fatto di essere nubili le aiuta ad evitare di essere lapidate a morte. Darò un esempio : l’anno scorso una donna (SH), residente a Gala-e-Mussa è stata arrestata per Zena. Questa ha trascorso due mesi e mezzo nella prigione dei talebani. In fine ha pagato una tangente di sei milioni di Afghanis al giudice del tribunale militare (Abdur Rahman Aqa) ed è stata rimessa in libertà dopo aver preso otto frustate. Ha riferito : "Mula Abdur Rahman (il giudice militare) riceve bustarelle non solo dalle prostitute, ma anche dai borsaioli e dai giocatori di azzardo. Sharia (la legge coranica dell’Islam) viene applicata solo per coloro che non possono pagare."
Il 60% dei soldi che i clienti pagano a queste donne va ai ruffiani e alle donne anziane che lavorano per loro. La paura dei talebani ha ridotto il numero dei clienti. L’età media di queste donne va dai 20 ai 35 anni. L’igiene del loro ambiente di lavoro è piuttosto bassa. Un alto numero di queste donne viene infettata da ulcere veneree, sifilide, irritazioni cutanee e anche dall’AIDS. L’AIDS potrebbe essere stato portato qui dai commercianti che trascorrevano molti mesi nei paesi arabi e che frequentavano i bordelli. In considerazione delle attuali condizioni sfavorevoli, queste donne non possono essere visitate dai medici o usare pillole anticoncezionali. Le antiche tecniche tradizionali le mettono a rischio e spesso causano loro problemi medici.
Oltre ai problemi suddetti, anche i clienti causano dei grattacapo. (P) (A causa di motivi di sicurezza, i nomi vengono omessi) che non ha più di 30 anni dice : “Cosa potevo fare? Questo è il mio destino. Morivo di fame e questo fatto mi ha trasformato in una prostituta. Gli uomini dovrebbero avere un po’ di pietà. I nostri clienti sono spietati. In cambio di 200.000 Afghanis essi pretendono che seguiamo ogni e tutte le loro velleità. Ci costringono a fumare hashish, il che ci ha fatto diventare delle tossico-dipendenti. Alcuni clienti vogliono che facciamo atti innaturali o altre cose del genere. Alcuni clienti se ne vanno senza pagare quando ci rifiutiamo di accondiscendere alle loro richieste. La maggior parte dei nostri clienti sono giocatori di professione, ma ci sono anche brave persone fra di loro come viaggiatori o persone che hanno problemi a casa. Oggigiorno, la maggior parte dei nostri clienti sono persone che portano il turbante. Se non vogliamo adeguarci alle loro richieste (che per lo più sono atti di pederastia con ragazzini o atti innaturali sulle donne) si presentano come talebani e dicono che sono venuti per scoprire i bordelli di questa zona.
F racconta la sua storia : " un cliente che si era presentato come Mula Salim Akhund (talebano) ha detto che lavorava presso la stazione di polizia locale e voleva fare sesso per via anale. Ha detto che avrebbe pagato qualsiasi cifra chiedevamo. La richiesta non è stata accettata e lui se ne è andato dal Qala. Nel mese di marzo del 1999 sono stata arrestata da alcune persone armate e portata a "Wulaiat" (quartier generale della polizia) dove ho trascorso 20 giorni nel carcere femminile di Kabul. Infine sono stata liberata, visto che non c’erano prove sostanziali contro di me, ma prima di lasciarmi andare ho ricevuto sette frustate."
La maggior parte dei reclami sono contro gli “uomini con il turbante”, che sono talebani di lingua Pashto. Infatti, essi hanno maniere molto rudi, non pagano a sufficienza o minacciano quando lasciano il "Qala" e talvolta si divertono a torturare le donne che vi lavorano.
Il mediatore di una di queste case di Hashuqan-o-Harifan, (MI) racconta la sua storia : “Lo stato di bisogno e l’indigenza mi hanno costretto a passare a questo lavoro famoso. La mia prima moglie è morta e io e la mia seconda moglie abbiamo quattro figli. Prima lavoravo in ufficio governativo come messo notificatore, ma dopo l’arrivo dei talebani non sono stato pagato per sei mesi e non avevo altre fonti di reddito. I miei bambini erano malati e avevano fame. Non trovando niente di meglio, mi sono messo a fare questo lavoro che non è senza pericoli. Alcuni giorni fa sono stato colpito con violenza alla mascella e poi derubato da due clienti mentre li accompagnavo fuori dalla zona, lungo un cimitero.
R, che ha circa settantanni e che le donne della casa chiamano Ko-ko è una donna esperta che gestisce gli affari della casa. Lei tiene i contati con le altre case e prende i soldi da ogni donna. Era un’addetta alle pulizie presso l’ospedale di Kabul prima e negli anni della sua giovinezza faceva la prostituta. Ecco la sua storia : “durante il regime di Najeeb, il nostro Qala è stato scoperto e io sono stata messa in prigione. Quando hanno scoperto che facevo le pulizie in un ospedale, mi hanno chiesto di lavorare come spia per conto loro; io ho accettato e loro mi hanno lasciata libera. Stavo facendo la spia per conto loro, quando il dirigente della corsia mi ha chiesto di richiedere alle infermiere di fare sesso con lui, per la qual cosa ho ricevuto molti soldi. Un paio di infermiere sono cadute nella sua trappola. In seguito queste infermiere sono state reclutate nell’undicesima divisione del KHAD, ma una terza infermiera ha raccontato il fatto al primario dell’ospedale che quindi mi ha licenziata." La donna ha aggiunto : “Tutte le donne che hanno lavorato con me hanno le loro storie da raccontare. Ognuna di loro è stata costretta a questo tipo di lavoro, nessuna di loro si sente soddisfatta da questo lavoro”.
Grazie all’aiuto di Ko-ko, abbiamo potuto ascoltare le storie di alcune donne in uno dei Qala di Hashuqan-o-Harifan.
C’è un certo numero di Qala a Hazrat St in Hashuqan-o-Harifan. In una di queste case, alcune donne che chiameremo solo Sh, L, P e Z lavorano ad ore diverse. La casa è gestita da Ko-ko e da un uomo (MI).
(SH), racconta la sua storia che segue : "Mi chiamo (SH) e il nome di mio padre è M, S. Sono originaria di Kohistan nella provincia di Parwan. Le altre donne di questa Qala mi chiamano P, G. Mio padre lavorava presso la compagnia edile di Kabul. Io vivevo con due fratelli, mia madre e una zia in una famiglia molto povera. Lo stipendio di mio padre non bastava e potevamo sopravvivere solo prendendo a prestito soldi da persone che conoscevamo. Nel 1977 ho conseguito il diploma di maturità. Uno dei miei fratelli ha lasciato la scuola senza finirla e se ne è andato in Iran. Mio padre era il solo che guadagnava dei soldi e mi chiese di cercare un lavoro. A quei tempi era difficile trovare un lavoro per una donna. Io e mio padre abbiamo cercato il lavoro e dopo lungo tempo abbiamo cercato di trovare un impiego presso il ministero delle opere pubbliche. A quei tempi il ministro era Faeq che veniva da Saidkhail nel Parwan e poiché eravamo originari della stessa provincia mi assunse presso una delle sezioni guidate da Baqaie. Baqaie era di Panjshair. Un giorno mi chiamò nel suo ufficio e mi disse : “Se fai come ti dico, ti farò dare un aumento e 56 Kg di buoni regolari”. Avendo preso l’impiego soprattutto per ragioni economiche e non conoscendo le sue malvagie intenzioni, pensai che forse il ministro aveva ordinato questo senza gentilezza, perché ero della sua provincia di origine. Tuttavia, un giorno egli mi disse qualcosa che mi fece innervosire e lasciai il suo ufficio senza parlarne a nessuno. Un'altra volta in cui sono entrata nel suo ufficio, due altre donne che lavoravano lì mi hanno messo in guardia contro le cattive intenzioni di Baqaie, ma prima che potessi lasciare l’ufficio il ministro chiuse quell’ufficio e mi chiese di restare, non senza aver prima ringraziato Baqaie per i suoi servizi.
Quel giorno sono uscita a pranzo con il ministro e ho bevuto qualcosa che non avevo mai bevuto prima. Essendo influenzata dalla presenza del ministro e stordita dal liquore, non ero consapevole quando Faeq (il ministro) mi ha violentata. Tuttavia quella non è stata la sola volta, ma mi è capitata più di cento altre volte dopo di allora. Mia madre lo è venuto a sapere e ne ha parlato con mio padre che mi ha picchiata e voleva uccidermi, ma mia madre l’ha fermato dicendo che sarebbe finito in prigione; allora mio padre ha detto che voleva uccidersi per non essere in grado di fare niente contro quel ministro. Il ministro mi ha poi detto di non venire più nella sua sezione per un po’ di tempo e mi ha pagato 1500 Afghanis. Io mi sono recata da un ginecologo ma questi diceva che l’aborto era peccato. Dopo averlo pregato egli disse che mi avrebbe praticato l’aborto se gli davo 5500 Afghanis e un anello che avevo al dito. Anche il medico mi violentò. Ci volle una settimana prima dell’aborto. I miei colleghi vennero a sapere il fatto e mi diedero la loro solidarietà.” Piangendo a dirotto aggiunse : “Chiesi un prestito al ministro per pagare i 5500 Afghanis, ma si rifiutò. Il mio stipendio non bastava neanche per le spese di casa. Non riuscivo a pagare l’affitto, l’elettricità e così via. Infine fui avviata alla prostituzione. Un giorno in cui stavo andando a Sarai Hazar Gull un venditore di abiti che si chiamava Zahir mi guardò. Dopo un breve tempo, stabilimmo una relazione e io gli raccontai tutto. Egli si impegnò a pagare tutti i debiti se gli promettevo di non andare con nessun’altro oltre a lui. Per un po’ di tempo mantenni la mia promessa ma poiché mi trovavo totalmente persa mi misi ad andare anche con due o tre altri uomini. Nonostante il mio reddito aiutasse la famiglia, i miei familiari mi odiavano e stavo diventando un’estranea per i miei amici. La povertà della mia famiglia mi aveva costretta a questo. Quel disonorevole ministro Faeq e il suo aiutante Baqaie non avevano oscurato solo la mia vita, ma anche quella di decine di altre donne e di giovani ragazze. Nel frattempo, mia madre si era ammalata e io avevo bisogno di altri soldi. Continuavo a fare il mio lavoro e riuscivo a guadagnare abbastanza soldi, ma poi scoppiò la rivoluzione Saur. Faeq (il ministro) fu licenziato. Io mi lamentai di lui e lo denunciai a Rafih e Watanjar, ma non ottenni alcun vantaggio. Baqaie era stato promosso capo di "Asnad wa Irtebat" e mi minacciava di ripercussioni, nel caso non avessi ritirato le mie denunce.
Mentre mia madre era sempre malata, persi mio padre. In quel periodo io vivevo con tre altri miei familiari. Nel 1985 o 1986 sono stata inviata a unirmi al Partito di Parcham. Dopo un breve periodo di tempo sono stata promossa e sono diventata segretaria dell’ufficio e anche un membro ufficiale del partito. La moralità tradizionale non era una priorità per gli abitanti di Parcham. Io ero occupata a reclutare altre donne e ragazze e le minacciavo anche, affinché si unissero al partito. Tutti conoscevano il mio passato ma nessuno osava parlarne, visto che ora era un membro del partito. Presi parte nella ricerca casa per casa di Cement Khana. Ho anche lavorato presso gli uffici postali. Io e altre persone stavamo dimenticando lentamente il nostro passato. Ho guadagnato anche un po’ di soldi e sono stata inserita nel punto di raccolta sociale del partito. Ho spinto alcune ragazze innocenti sulle mie stesse vie, ma questo non mi importava molto. Sono stata accettata nell’organizzazione femminile cappeggiata dalla Dr.ssa Anahita Ratibzad. C’erano centinaia di donne come me non molto preoccupate di problemi morali e ben disponibili ad accettare incontri notturni. Più tardi sono diventata un’assistente sociale per il partito nell’organizzazione nazionale delle donne e dormivo abitualmente con le mie “compagne” durante i turni di notte. La guarnigione femminile e la “auto-difesa” era stabilita sotto l’ombrello dell’organizzazione femminile. Nella guarnigione ero una volontaria. Il nostro luogo di lavoro era il “Mairmono Toulana" dove venivamo addestrate militarmente e io diventai molto brava nell’uso delle armi. Trascorrevo le notti con “compagne” di partito. Nella guarnigione c’erano oltre 120 donne tutte assistenti sociali del partito. Io usavo i miei collegamenti per mandare mio fratello in Russia. Nel 1988-89 sono diventata un membro del KHAD (sezione afgana del KGB) sotto il comando del Generale Baqi. C’erano parecchie altre donne e giovani ragazze. Esse condividevano ogni area del lavoro, per non citare poi i letti dei loro colleghi.
Le aree in cui stavamo lavorando erano :
1- Sezione Amministrativa
2- Ambiente e Arte
3 - E bordelli - in questa sezione c’era un buon numero di prostitute che venivano usate per ragioni politiche. Talvolta venivamo invitate dai consiglieri russi di Microrayan.A KHAD, oltre al lavoro di sicurezza e spionaggio e le ricerche nelle case, eravamo al servizio dei membri maschi e di un uomo di nome Pasoon che organizzavano i nostri incontri con i consiglieri russi. Non so quante altre donne e oneste ragazze io ho spinto nelle maglie del KHAD, né quante di loro sono state violentate. . Ho anche partecipato agli interrogatori di ragazze giovani e istruite, molte delle quali sono state violentate. Per me questo non importava, visto che io mi trovavo bene. Nel 1991 o 1992 ho dato alla luce una bambina di cui non mi ricordo chi fosse il padre. Ora ha otto anni. Da quel momento sono diventata il capo della mia famiglia. Mia madre non interferiva nei miei affari, ma tutti gli altri parenti e amici mi odiavano e stavano alla larga da me, cosa che continua anche oggi.
Quando il regime di Najeeb è stato distrutto e Jehadis è arrivato al potere, io sono rimasta a casa per un po’ di tempo. Durante quel periodo mia madre è morta. Sono ritornato al KHAD di Kabul ed essi mi hanno accettato ridandomi il mio lavoro. I Jehadis non erano da meno dei Parchamite e usavano le donne lavoratrici per il sesso, perché “erano comunisti”. Il consiglio di Nizar, ci ha rifornite di veli e ci ha mandate a . Maidan Shahr, Paghman, Char Asiab per avere informazioni sul nemico. Quando Hizb-e-Islami (Partito Islamico guidato da Gulbuddin Hekmatyar) è entrato a Kabul ho lasciato di nuovo il mio impiego. Grazie ai soldi che avevo guadagnato per un po’ di mesi sono riuscita a tirare avanti, ma quando i talebani sono entrati a Kabul ho dovuto far fronte di nuovo alle mie difficoltà economiche. Ho lasciato la casa che avevo in affitto, perché tutti i miei vicini sapevano del mio passato e avevo sempre più problemi ogni giorno. Alla fine, ho ripreso a fare la prostituta. Quando lavoravo a KHAD conoscevo alcune prostitute. Le cercai e trovai R (Ko-ko). Ora sono tre anni che lavoro in questo Qala. Tutte le donne che lavorano qui hanno le loro storie, ma tutte loro lavorano qui perché sono povere.”
Non accompagno più i clienti fuori dal bordello. Alcune volte in cui ho accettato inviti ad uscire sono stata trattata molto male. Non partecipo a feste con musica e danze e incontro i miei clienti all’interno del bordello. Sono molto preoccupata per il futuro di mia figlia. Anche se ho meno di 30 anni ho pochissimi clienti. La polizia e i talebani non pagano quando vengono a trovarci. Il ruffiano e Ko-ko prendono la maggior parte dei soldi, soprattutto Ko-ko, che fa la parte del leone." (Sh) continua “dopo l’arrivo dei talebani i nostri affari hanno iniziato ad andare piuttosto male, i nostri redditi sono scesi e non bastano a pagare le spese. Quando i talebani sanno dove siamo ci chiedono soldi e sesso gratis. Restiamo senza un solo cliente per giorni interi e viviamo fra molte difficoltà. Tutte le porte sono chiuse per noi”.
(L) figlia di (GH. R), originaria di Behsood della Provincia di Ghazni, è un’altra prostituta che lavora nello stesso bordello dell’area di Hashuqan-o-Harifan. Ha raccontato la sua storia come segue : “mio padre era un dipendente governativo ordinario. Io vivevo con i miei due fratelli e tre sorelle in una casa in affitto a Karte Sakhi. Ho studiato fino a 12 anni di età e sono di etnia Hazara. Lavoro con Ko-ko da due anni. Le donne del bordello mi chiamano (Gh). Mio fratello maggiore è entrato nelle forze armate durante il regime di Najeeb e più tardi è andato in Russia. Mio fratello minore lavora come apprendista meccanico. In seguito è stato chiamato alle armi ed è stato ucciso durante un’azione militare. Fin dall’infanzia abbiamo vissuto in povertà e la sopravvivenza giorno dopo giorno è sempre stata una lotta. Mio padre non ha mai avuto un aumento a causa delle sue origini Hazara fino a quando non è andato in pensione. Mia madre lavorava come inserviente presso l’ospedale di maternità di Kabul. In quel periodo ero una studentessa. Anche fino al periodo del regime di Najeeb, nonostante la nostra povertà, noi avevamo una vita abbastanza buona e ringraziavamo Dio per il pezzo di pane che ricevevamo. Quando il governo non mussulmano di Rabbani e dei demoni della Jehadi hanno preso il potere, Hezb-e-Wahdat (Partito di Unità, lacché dell’Iran) hanno creato i loro punti di controllo e hanno iniziato a controllare le località Hazara di Kabul. L’infido partito Wahdat era in conflitto con altre organizzazioni aderenti alla Jehadi e a causa di questo tutti gli Hazara sono stati ristretti nella loro parte della città senza poter camminare liberamente per la città. Le battaglie fra il partito Wahdat e altre organizzazioni aderenti alla Jehadi si sono intensificate e io non ho potuto andare a scuola, a prescindere dal fatto poi che non avevamo niente da mangiare. La guerra ha distrutto la maggior parte delle case della nostra area, ma la nostra famiglia non era in grado di spostarsi in un’altra area. Mio fratello è stato accusato di essere comunista e veniva minacciato regolarmente dai membri del partito Wahdat. Un giorno, alcuni membri del partito Wahdat hanno portato via mio fratello. Poiché mio fratello era tenente sotto il passato regime, i membri del partito Wahdat lo costringevano a lavorare per loro nei loro punti di controllo militare e in seguito gli hanno dato la responsabilità del punto di controllo di 'Khan-e-Ilm Wa Farhang e 'Barikote'. Essi costringevano ogni famiglia Hazara a dare un giovane per combattere o a pagarli. I membri di Wahdat dicevano che dovevano trovare un afgano (di etnia (Pashtoon) e un Paghmani (un residente di Paghman, un rione di Kabul) ogni giorno.
I membri del partito Wahdatiti chiesero a mio fratello di preparare una festa per loro. Ricordo che in quel giorno avevano catturato un Paghman. Essi gli avevano portato via la bicicletta e alcune centinaia di Afghanis che aveva e poi hanno iniziato a picchiarlo. Si sono divisi i soldi e hanno dato a mio fratello la sua parte, poi hanno messo da parte un po’ di soldi per la festa.
La festa è stata organizzata e nella nostra casa sono arrivate parecchie persone con capelli e barbe lunghe. Essi deridevano mio fratello a causa dei nostri vecchi tappeti e mobili. Chiamavano mio fratello "Rezaie" e lo incoraggiavano a cercare qualcuno di Paghman o dei dintorni. Gli ricordavano che la popolazione di Paghman aveva fatto così tanti errori contro il nostro popolo, che doveva catturarne almeno uno per essere ripagato. “Non è peccato ucciderli” dicevano.Mio fratello non era abituato a fare queste azioni, ma i Wahdatiti lo costringevano a rubare e a uccidere. Accusato di comunismo ed essendo stato nell’esercito del regime di Najeeb, se mio fratello si fosse rifiutato lo avrebbero ucciso. Centinaia di altri uomini come mio fratello che si erano rifiutati di seguire gli ordini del Partito di Wahdat venivano uccisi. La festa è stata fatta a casa nostra. Io ho servito da mangiare e tutti hanno lodato il mio duro lavoro. Tuttavia, quella festa era l’inizio dei miei incubi. Fra gli ospiti c’era un uomo di nome Qiadi. Notai che mi guardava in modo libidinoso. Non ci feci caso e non ne parlai a mio fratello. Da quel giorno Qiadi iniziò a venire a casa nostra. Poiché era un uomo potente del Partito di Wahdat mio fratello lo temeva. Egli accusò mio fratello di essere comunista e minacciava sempre mio fratello dicendo che doveva pagare per i suoi peccati passati. Anche se mio fratello era armato e lavorava in un posto militare non aveva un vero potere e non poteva fare niente contro quell’uomo.
I combattimenti si intensificavano sempre di più. Un giorno abbiamo ricevuto un messaggio che ci avvertiva che nostro fratello era stato ferito gravemente e che dovevamo andare a trovarlo insieme a Qiadi nell’ospedale chirurgico. Io e mia madre abbiamo iniziato a piangere e volevamo andare insieme all’ospedale, ma essi hanno impedito a mia madre di andare in ospedale. Ero molto preoccupata e non sapevo cosa decidere. Mio fratello era tutto per noi. Ad ogni modo andai con Qiadi. Era pomeriggio tardi e I Qiadi mi chiese di andare con lui presso il centro sanitario del Partito per prendere il materiale medico necessario, in quanto nell’ospedale non c’era nessuno. Non ero a conoscenza della miserabile trappola che stava preparando per me. Il fatto è che in quella giornata mio fratello era stato mandato in un’altra zona. Noi siamo arrivati in automobile in una casa deserta e l’uomo mi ha chiesto di aspettare in una delle stanze per pochi minuti. Accettai senza pensarci, non pensavo ad altro che a mio fratello.
Qiadi entrò poi da un’altra porta e ridendo mi disse che non dovevo preoccuparmi, che non era successo niente e che mia fratello era andato in missione in un’altra zona. Mi chiese di riposarmi e di essere sua ospite per la notte. In quel momento ho capito le sporche intenzioni di quel malvagio Jehadi, ma non avevo via di fuga. Ero come un uccellino fra gli artigli di uccello rapace. Poi lo pregai di lasciarmi andare, gli baciai i piedi, gli ricordai di mio fratello, di mia madre e del cibo che aveva mangiato a casa nostra, ma non è servito a niente. Poi ho iniziato a lottare di nuovo. Chiamò il suo cuoco che aveva nome Qurban di aiutarlo. Entrambi mi legarono le mani. Poi cacciò fuori dalla stanza il cuoco in malo modo, dicendo che questo era il modo con cui bisogna punire i comunisti. Lottai fino a tarda notte ma nessuno mi poteva aiutare. La casa era deserta perché i mobili erano stati rubati. Il malvagio Qiadi alla fine ottenne quello che voleva e mi violentò.
In seguito gli ho detto che sarei stata sua moglie e che non lo avrei denunciato a nessuno; sulle prime aveva detto di no ma poi giurò sul corano che lo avrebbe fatto se mi fossi messa a sua completa disposizione. Quella notte mi violentò parecchie volte. Alla mattina gli dissi che mia madre sarebbe morta di dolore per il figlio e che dovevamo andare da lei per dirle che stava bene e che lui doveva anche chiederle la mia mano. Accettò e disse che lo avrebbe fatto dopo la colazione. Mi sbagliavo. Io ero prigioniera in quella stanza e lo fui per altre venti notti. Il malvagio Qiadi vedeva mio fratello e voleva che soffrisse per il dolore della mia famiglia. Gli disse che avevano ricevuto un rapporto falso sulle ferite di mio fratello. “Ho lasciato tua sorella da qualche parte e sono andato al fronte”. Egli biasimò la mia scomparsa con i Mussulmani Sunniti.
Qiadi aveva costretto il padrone della casa a tenermi prigioniero sia dentro che fuori la casa, che si trovava dietro al ministero del commercio. Tutti i mobili della casa erano stati rubati. Lo pregavo ogni giorno chiedendogli misericordia. Gli ricordai Dio ma non credeva nemmeno in Dio. Senza un briciolo di umanità, continuava a fare quello che voleva di me. Un giorno ha portato con sé due altri uomini e mi ha chiesto di servire loro da mangiare senza indossare alcun abito. Gli ricordai che aveva giurato sul Corano e Hallha che avrebbe chiesto la mia mano e che mi avrebbe sposata. Mi prese in giro e disse ai suoi amici che alla fine mi avrebbe data al suo cuoco. Tutti risero. Quella notte tutti e tre gli uomini mi violentarono fino a non so che ora della notte. Qiadi mi liberò dopo due mesi e se ne andò da un’altra parte.
Mia madre e mio fratello avevano perso ogni speranza di ritrovarmi, quando io entrai in casa. Raccontai loro ogni cosa. Mia madre si mise a piangere e mio fratello disse che avrebbe trovato Qiadi e lo avrebbe ucciso come un cane. Gli dissi che già la mia vita era stata distrutta e che non aveva il diritto di distruggere anche la sua. Egli non aveva il potere di combattere quell’assassino violentatore. Continuavamo a non potercene andare da quella area e anche il Partito Wahdat Paveva decretato che gli Hazara non se ne andassero dalle loro case. Alcuni giorni più tardi Qiadi tornò a casa nostra con alcuni uomini armati. Mio fratello non c’era. Egli chiese a mia madre: “Dov’è quel comunista che si è unito alle file dei Mujahideen? Questi comunisti sono la ragione per cui i Mujahideen stanno andando fuori strada e devono essere uccisi.” Mia madre voleva sapere qualcosa su di me, ma lui la colpì e ordinò ai suoi uomini di gettarla in un’automobile. Lwe mie grida non servirono a nulla. Intorno alla nostra casa tutto era deserto. A causa della nostra povertà e della crudeltà dei Wahdatite, noi eravamo i soli ad essere rimasti lì. Questa volta Qiadi mi porto al posto di controllo presso il cinema Barikot, dove alcune donne e ragazze dei Mussulmani Sunniti erano prigioniere. Venivano trattate molto male e morivano sotto le torture dei Wahdatiti. Sono stato costretta a cucinare per loro durante il giorno e durante le notti venivo violentata ripetutamente. Questo è continuato per dieci o dodici giorni. Altre donne prigioniere in altre stanze del cinema venivano trattate anche peggio di me. Gli. Wahdatiti non si curavano che io fossi una dei loro Hazara e continuavano a compiere le loro turpi azioni su chiunque capitasse loro a tiro. Di giorno lavoravo e di notte venivo violentata. Dicevano che avevo il gusto di un comunista. “Questi comunisti sono qualcosa di diverso” dicevano. Le ripetute violenze sessuali e spesso di gruppo avevano fiaccato la mia salute fisica e mentale. Ho visto con i miei occhi come venivano violentate le altre donne. Essi facevano venire le mogli e le figli delle persone con vari pretesti e le violentavano. Mi mancava mia madre e mio fratello e non sapevo dove fossero. Non c’era via di fuga e anche se fossi scappata mi avrebbero ripresa come fossero lupi selvaggi. Restai incinta ma continuarono a violentarmi ogni notte. Mio fratello venne a sapere cosa mi succedeva ma non poteva farci niente. In seguito, venni a sapere che era partito per l’Iran. Mia madre sta con uno dei suoi parenti ma non so dove sia. .
Quando mi lasciarono andare ho iniziato a lavorare in altre case di Hazara. Il mio stomaco si fece più vasto. I coniugi della casa dove vivevo si fecero sospettosi. Raccontai loro ogni cosa ma mi buttarono fuori. Abortii del bambino fra mille difficoltà e mi ammalai. Una persona chiamata Sakhi Dad Karbalaie, che conosceva la mia famiglia, mi fece stare a casa sua per un po’ di tempo. Poi iniziarono a maltrattarmi e io me ne andai. La disgrazia che avevo avuto dal Partito di Wahdat aveva allontanato tutti e ogni cosa da me. La nostra situazione ci costrinse a restare nel vicinato senza potercene andare e questo ha fatto in modo che mio fratello dovesse lavare per gli Wahdatiti. Alla fine non avevo più scelta. Potevo vendere il mio corpo o suicidarmi e questo è come sono diventata una prostituta in questo Qala (bordello). Non so dove andare e tutte le porte sono chiuse davanti a me. La mia vita è il risultato degli errori che i folli aderenti alla Jehadi hanno fatto su di me. Essi hanno trasformato la vita mia e dei miei familiari in un’agonia.”.
Sul suo lavoro dice, "Sono ancora giovane, non ho più di 27 anni. Non riesco a risparmiare niente di quello che guadagno. Almeno non devo mantenere una famiglia come molte altre qui dentro. A causa della mia etnia , non ho molti clienti in quanto le Hazara non lavorano nello stesso bordello con le Pashtoon e Tajik."
"Quando sono stata buttata fuori da quella casa, ho vagato per un po’ per le strade. Qui ho incontrato Ko-ko. Lei è così esperta che ha capito subito che non sapevo dove andare. Mi propose di stare con lei per la notte e disse che mi avrebbe protetta come se fossi sua figlia. Quando siamo entrati nella casa, fu congratulata dalle altre per la nuova collega e allora ho capito dove ero finita. Da quel giorno lavoro qui.
(P) è nata a Kabul. Lavora come prostituta da tre anni. Non ha ancora 30 anni. Ci ha raccontato la seguente storia : “Ho lasciato la scuola quando avevo otto anni. Mio padre aveva un negozio di te e mia madre era casalinga. Il reddito di mio padre non bastava a far fronte alle nostre spese, soprattutto all’affitto ed avevamo sempre debiti. A quei tempi vivevamo a Deh Afghanon. La giovane moglie del proprietario della casa che viveva nella stessa cosa, ogni giorno lasciava la casa alla stessa ora per qualche ragione sconosciuta.Dopo un po’ di tempo diventammo intimi e buoni amici. Era solita venire a trovare mia madre e parlare con lei quasi tutte le sere. Mio padre dormiva nel suo negozio. Durante un Eid (equivalente mussulmano del Natale) mi comprò un vestito e mi chiese di lavorare con lei. Aveva convinto mia madre che dovevo andare con lei in città. Quel giorno abbiamo camminato in città e mi comprò del tessuto per donne e comprò anche un velo pakistano per mia madre. Nel 1988 mio padre è stato incarcerato per aver aiutato i Mujahideen. I miei fratelli erano giovani e noi non avevamo altre fonti di reddito. Dopo un po’ non abbiamo più potuto pagare l’affitto. La moglie del proprietario della casa ci lasciò stare lì gratis e convinse mia madre che io dovevo lavorare con lei.
Un giorno mi condusse in una vecchia casa dove c’erano parecchie donne e giovani ragazze. Mi presentò dicendo che ero una loro nuova collega e che dovevo essere istruita in modo adeguato. Mi diedero uno pseudonimo. La capo del gruppo era una donna chiamata P. N, che aveva rapporti con molti uomini ed era in contatto con le stazioni di polizia e le unità criminali e pagava loro delle bustarelle. Preso capii che ero entrata in un’organizzazione di borseggiatrici. Tutte le donne erano borseggiatrici professioniste. R. mi portava in città e mi insegnava a borseggiare.
(P. N.) gestiva l’organizzazione e trovava un’area della città da assegnare ad ogni donna affinché vi lavorasse. Restava a casa e divideva in modo equo i soldi che ognuna aveva guadagnato dopo aver trattenuto le spese, la sua parte del leone e le bustarelle per la polizia.
Imparai presto questo lavoro e la accompagnavo sugli autobus. Mi ricordo che una volta ha rubato 2000 Afghanis a un uomo in modo molto abile e che me ne ha dati 200 in regalo. Presto ho iniziato a rubare e sono diventata esperta. Mia madre sapeva cosa facevo ma mi disse che non avevamo altre vie. Mio padre era in prigione, i miei fratelli erano giovani, come avremmo potuto pagare l’affitto e comprare il cibo ?
Trovavo le mie vittime in vari modi. Talvolta seguivo gli uomini che uscivano dalle banche e dai negozi se mi accorgevo che avevano soldi con sé. Mi vestivo con abiti colorati e molto attillati per attrarre l’attenzione degli uomini. Mi avvicinavo molto a loro da dietro di lato e cercavo di tenerli occupati. Mostravo loro un po’ di affetto e gli uomini si lasciano attrarre subito da queste cose e poi tagliavo le loro tasche. Alla fermata successiva li salutavo e cercavo una nuova vittima. Preferivano le tasche degli uomini, perché le borse delle donne sono più difficili. L’ho fatto fino al 1992 o 1993. Mi hanno preso tre volte ma (P. N) pagava delle bustarelle ai funzionari delle unità criminali e mi faceva uscire di prigione. In cambio aumentava la sua quota. (P. N) gestiva anche una casa da gioco clandestina. ( R) andava in queste case da gioco e mi portava con sé. Dopo un po’ di tempo sono diventata succube del gioco. Mia madre cercò di farmi perdere quel vizio ma non la volli ascoltare. (P. N) ci aiuta a far uscire mio padre di prigione tramite i suoi contatti che conoscono il Generale Boba jon. Dopo essere uscito di prigione mio padre non riusciva a trovare un impiego. A causa del vizio del gioco, ero indebitata con (P. N) e un giorno, un uomo che si è presentato come ufficiale dell’esercito e che era di etnia Uzbeca mi ha violentata nella sua casa con l’aiuto di (P. N). Da quel giorno sono stata avviata alla prostituzione, in aggiunta al gioco e al borseggio. Anche (R) e le altre donne si prostituivano. Poiché ero giovane venivo pagata molto bene. Il reato di zena (sesso fuori dal matrimonio) a quei tempi non era grave. Fui segnalata alla polizia e i funzionari dell’unità criminale, soprattutto il maggiore Habib Noor mi invitavano nel loro officio durante il servizio di notte.
Lo stupro di prigioniere da parte degli ufficiali della prigione era una pratica quotidiana a Wulaiat (quartier generale della polizia). Con l’aiuto di (P. N) e Habib Noor fui liberata dopo tre mesi. Ho incontrato il Maggiore Habib Noor fino a quando non ha lasciato Kabul. Egli mi ha presentato a parecchi suoi amici della polizia.
Da quel momento sono sola, Quando ero in prigione mi incontravo con tutti i generi di criminali comprese le prostitute e le mezzane. Volevo lasciare la banda di (P. N) e così mi sono trovato con alcune donne che si stavano organizzando con il lavoro per le prostitute. Avevo avuto i loro indirizzi dalla prigione. Ho iniziato a lavorare per una di queste continuando i borseggi. Avevo un buon reddito che mi permetteva di far fronte al vizio del gioco. Mi servivano parecchi soldi e quindi durante il giorno borseggiavo e durante la notte vendevo il mio corpo. Non avevo una casa o una famiglia e andavo con chiunque me lo chiedesse. Niente era importante per me. Avevo perso mia madre, mio padre e i miei fratelli e mi mancavano.
Quando sono arrivati i Jehadi mi sono messa a incontrare anche loro. Essi spendevano molti soldi ed erano buoni giocatori. Ma volevano che ballassi per loro e io non ne ero molto capace. Tuttavia, mi proponevano molti soldi.
Quando sono arrivati i talebani ho dovuto piantarla di fare la borseggiatrice. Essi segregarono gli autobus tenendo separate le donne dagli uomini e le donne non portavano molti soldi nelle borse. Ho dovuto spostarmi nella Provincia di Ghazni, ma nemmeno lì sono riuscita a trovare lavoro. Sono tornata a Kabul e ho dovuto smettere di fare la borseggiatrice. Temevo che potessero tagliarmi la mano se mi arrestavano. Oltre a borseggio, furti e prostituzione non sono brava a fare altro. La povertà ha bussato di nuovo. Non avevo un posto dove stare e nessuno voleva tenermi a casa sua. Ho dovuto rimettermi a fare la prostituta. Sono arrivata quindi nel bordello di Ko-ko, dopo averla conosciuta per un po’ di tempo. Io lavoro qui da parecchio tempo ormai. Ko-ko fa molti soldi con me. Poiché sono giovane e non ho mai bambini questo viene pagato molto, ma lei si tiene una buona fetta per sé.
Le nostre vite sono terribili, il bordello non è igienico, le stanze sono umide, tutte le donne del bordello soffrono di malattie veneree e hanno malattie fisiche o mentali. Ci stiamo avviando verso la distruzione.
L’arrivo dei talebani ha distrutto il nostro lavoro. Non abbiamo molti clienti. I talebani che vengono qui non pagano e ci ordinano di stare zitte. Chiedono alle donne di farsi sodomizzare.
Infine si è rivolta a me dicendo : “Fratello, se sei una persona importante dì ai talebani di salvarci dalle difficoltà dovute agli alti prezzi e alla scarsità. Non picchiate le persone ma lavorate per loro. Se ci fosse lavoro per tutti perché dovresti rubare mettendo a rischio le tue mani? Perché abbiamo questi problemi? Noi odiamo per prime questo lavoro. Se non trovo un marito almeno lavorerò per gli ammalati in uno di questi ospedali, guadagnando soldi onesti. Altrimenti non ci sono altre vie di scampo. Voi ci avete portato a questo. Voi avete violentato centinaia di ragazze innocenti come (L) distruggendo le loro vite. Voi siete i veri peccatori e nel giorno del giudizio a voi e non a noi verrà chiesto il conto.”
(Z), un’altra prostituta ci ha raccontato la seguente storia : “la mia vita è diventata miserabile per colpa della mia gelosia verso le amiche di mio marito e della mia lussuria di amore. Sono arrivata alla sesta classe. Mio marito era diventato un ufficiale militare durante il regime di Najeeb. Io vivevo con mio marito a Dai-Burri. Una delle parenti di mio marito che era una donna istruita e anche un membro del partito aveva ricevuto un appartamento a Macrorayan dal regime di Babrak. Lei ce lo mostrò per farci vedere che bella occasione aveva avuto. Io ne ero gelosa e volevo anch’io il mio appartamento a Macrorayan. Chiesi a mio marito un appartamento ma lui mi rispose di piantarla di mettermi in competizione con le sue parenti e non fece niente. Alcuni giorni più tardi, senza dire niente a mio marito uscii di casa e iniziai a preparare una domanda per il comune di Kabul. Non ero abbastanza istruita e non sapevo come funzionasse il sistema, che mi fece andare in giro per mesi. Rimasi delusa per un po’ di tempo smisi per un paio di anni, ma poi ripresi in mano la questione e andai al comune. Qui incontrai un uomo di nome Karim, che preparò per me la domanda come senza tetto e completò lui stesso il processo amministrativo per la domanda e mi fece andare nei vari uffici burocratici, di partito e dei sindacati. Io ho completato tutto il processo di fretta, i documenti sono stati inseriti in un dossier e sono diventati parte della lista di attesa. Andavo ogni momento a controllare la lista e così riuscii a conoscere meglio Karim. Mio marito era all’oscuro dell’intera faccenda. Dopo un po’ di tempo Karim mi disse che la mia domanda era stata rifiutata ma che potevo riprovare in un secondo momento. Quel rifiuto mi aveva abbattuto molto. Decisi di avere un appartamento a Macrorayan con ogni mezzo possibile. Dopo aver cercato per un po’’, incontrai una persona di nome Azizi che mi disse che poteva farmi avere un appartamento. Per alcuni giorni girai per gli uffici ed egli mi mentì dicendo che entro pochi giorni sarebbe iniziata la distribuzione degli appartamenti e che aveva già assegnato a me un appartamento da tre stanze, ma che prima di avere l’appartamento bisognava festeggiare l’evento. Alla fine caddi nella sua trappola e mi concessi a lui. Dopo aver ottenuto quello che voleva, egli contattò un altro uomo che promise di darmi la chiave dell’appartamento e anche con lui ho avuto rapporti sessuali. Tuttavia, non c’erano notizie dell’appartamento. Poiché stavo perdendo il controllo della mia vita decisi di avere l’appartamento con qualsiasi mezzo. Dissi ai due uomini di incontrare Karim nell’ufficio di distribuzione, essi accettarono e io mi trovai con lui per alcune notti.
Durante le notti che trascorrevo a casa di Karim', dovevo prendere delle scuse con mio marito, ma alla fine egli scoperse il mio segreto. Dopo un anno di discussioni e di problemi ci siamo separati e mio marito mi ha buttato fuori di casa e ha detto tutto alla famiglia di mio padre. Persi la mia reputazione e i miei amici mi hanno abbandonata. Questo è stato l’inizio delle mie miserie.
Nessuno mi voleva a casa sua e non ottenni l’appartamento. Io non avevo lavoro né soldi e nessuno mi voleva aiutare. Iniziai a vivere a casa delle persone ma venivo buttata letteralmente fuori quando gli uomini iniziavano a venire a casa mia. Le mie due figlie stavano con mio marito. Io andai in tribunale ma il giudice disse che non ero una madre abbastanza brava e affidò le mie figlie a mio marito. Infine divorziai in modo formale. Nel 1988 e 1989 giravo per le strade e trovavo clienti sugli autobus. Ero in una pessima situazione finanziaria. Uno dei miei clienti mi fece trovare un posto presso il ministero del commercio. Il mio stipendio non era sufficiente e dovevo continuare a fare anche la prostituta. Dopo due anni fui licenziata per cattiva moralità. Per un po’ di tempo rimasi disoccupata e mi recavo a casa dei miei clienti. In quel periodo fui reclutata presso la settima divisione del KHAD da una donna di nome (S).Oltre a fare la spia e a incastrare gli uomini e le donne, venivo usata anche a scopi sessuali durante il servizio notturno dei capi. Guadagnavo bene e affittai una casa a Yaka Toot. Mantenni quel lavoro fino al 1991.
Quando arrivarono i Jehadi lasciai il mio lavoro e pensai di sposarmi, ma nessuno voleva sposarsi con me. Lo proposi a un mio collega del KHAD, che sulle prime si rifiutò ma poi mi chiese di passare la notte con lui e poi mi avrebbe potuto rispondere. Fu il suo modo di dirmi di no. Io lavoravo in alcuni bordelli che conoscevo ma guadagnavo molto poco. Il destino mi fece incontrare Ko-ko che mi portò in una delle case e che circondò come un serpente e che mi disse che nessun uomo, ad eccezione dei ruffiani, mi avrebbe mai voluto sposare a causa del mio lavoro e del mio passato e quindi mi ha fatto lavorare per lei.
I miei desideri irragionevoli, le mie voglie e la mia gelosia sono la causa per cui ho iniziato a fare questo lavoro. Ho finito quindi con diventare una prostituta di professione.
Qala-e-Zamaan Khan:
In uno dei bordelli della regione di Qala-e-Zamaan Khan, lavorano due giovani donne chiamate (L) e (Q). (L) e (Q) erano sempre alla ricerca di nuovi clienti e mendicavano anche. (L) racconta la storia che segue : " era una vedova virtuosa spinta a prostituirsi dalla cattiva sorte, dalla povertà e dalla guerra civile dei Jehadi. Dopo aver perso il marito si è trovata sola con due figli e non avendo altri parenti, la miseria e lo stato di mendicante, la spinse a diventare una prostituta. Non c’è nessuno che la possa aiutare e suo marito è morto dopo pochi mesi di malattia, nonostante le cure mediche a cui era stato sottoposto, grazie alla vendita dei mobili.
(Q) era sola e viveva fra mille difficoltà. A Kabul non c’è nessuno che ti possa aiutare e se non vuoi morire di fame, non puoi fare altro che quello che facciamo noi.
La guerra civile fra i Jehadi era esplosa a Kabul. I soldati di Dostum avevano messo le loro postazioni nelle zone di Jada e di Chaman. (Q) era solita andare da loro per prendere i resti di cibo lasciato dai soldati." (L) che aveva sentito molte volte la storia di (Q) ci disse : “Di solito indossavo un vecchio velo e cercavo il cibo nelle postazioni militari”. Erano abituati a vedermi andare e venire e spesso lasciavano un po’ di riso e di pane che era sufficiente per i miei bambini. Mi nascondevo dietro al velo ed essi non sapevano che fossi giovane. Mi chiamavano “madre” e mi dicevano di andare da loro ogni giorno che avrebbero sempre lasciato del cibo per me”. Un pomeriggio mi recai presso una delle postazioni militari di Jaada, ma il velo non copriva totalmente il mio viso. Due soldati di Dostum mi dissero di andare sul retro dove avevano lasciato del riso e dell’olio per cuocere. Mi sentii felice e camminai verso il retro dell’edificio. Aprii una delle stanze, ma non c’era niente dentro. Improvvisamente, entrambi gli uomini mi afferrarono dalle spalle e mi violentarono. Per mantenere saldo il mio onore lasciai la zona senza aver emesso un solo suono. Non lasciai la mia casa per alcuni giorni. Poiché i miei bambini avevano fame li mandai a mendicare del cibo. Essi erano molto giovani e nessuno dava loro del cibo. Non bastava mendicare per sopravvivere. La fame è una cattiva consigliera. I miei figli avevano bisogno di cibo e quindi non trovai altra via che diventare una prostituta. Quei Jehadi che mi avevano violentata erano un’altra ragione per cui mi sono messa in questo sporco lavoro. Ora, ogni volta che ne ho la possibilità mi vendo, anche se segretamente dai miei bambini."
(L) aggiunse su (Q): "Ora lei lavora con me in questo bordello. Quando non abbiamo clienti, lei esce e fa la mendicante o cerca clienti dal taxi. I suoi bambini stanno diventando grandi e fa di tutto per tenerli nascosti. Conosce un tassista che la porta sempre con sé."
(L) racconta la sua storia come segue " Mio marito (D. M.) era un muratore. Noi avevamo tre bambini. La nostra vita, pur essendo poveri, trascorreva senza peggiori grattacapi. Grazie alla cattiva sorte che ci perseguita mio marito è caduto da un tetto mentre lavorava ed è rimasto paralizzato. Le cure non gli sono servite a niente. Mio marito è vissuto per un po’ di tempo; durante quel periodo, mio fratello che installa radio ci aiutava, ma a smesso di farlo dopo essersi sposato. Le mie figlie hanno dovute smettere di frequentare la scuola e la nostra vita è diventata miserabile. Non avevamo da mangiare. Io feci domanda di lavoro presso il Ministero dell’Elettricità e delle Rete Idriche. Mi diedero un lavoro come inserviente. Dopo un po’ di tempo, a tutti i lavoratori, me compresa, è stato richiesto di recarsi presso l’ufficio dell’amministratore del Partito di Parcham, dove era atteso il ministro. Ci è stato chiesto di entrare nel partito, altrimenti, così dicevano, dovremo presumere che sostenete il nemico. Mi fu data la responsabilità di preparare le relazioni sugli individui che lavoravano con me e di vedere se questi fossero o meno contro il governo. Mi spostai dalla mia casa e andai a vivere in un sobborgo più vicino alla città (da Qala-Cha a Bibi-Mahro, l’essere membri del partito era pericoloso nelle zone esterne di Kabul) e partecipavo agli incontri di partito una volta alla settimana.. Nahid, una donna corrotta che era anche l’amministratrice della nostra organizzazione femminile, seduceva le giovani ragazze di bella presenza e le presentava ai funzionari del ministro. Non ero a conoscenza del fatto che portò centinaia di donne a perdere l’onore familiare. Infine, questo capitò anche a me. L’amministratore dell’organizzazione del ministero di cui ho dimenticato il nome, un pomeriggio mi chiese di andare nel suo ufficio. Mi chiese qualcosa sul mio lavoro e poi mi regalò dei soldi e infine mi disse che potevo recarmi da lui ogni volta avessi avuto dei problemi, in quanto l’organizzazione era quella dei proletari che lavoravano molto. La volta successiva che mi recai da lui fu diverso. Con molta gentilezza mi mise le mani addosso e infine mi chiese di fare sesso con me. Gli risposi che non ero di quel genere di donne e che prima di allora "nessuno si era permesso di chiedermi questo genere di cose e che Lei dice che questo è un partito di lavoratori e che difende i nostri diritti, ma ora ci sta usando, noi i proletari " Rispose che questo "non è immorale, non la sto costringendo od opprimendo. Piacerà ad entrambi. Guardi, questo tipo di cose dovrebbe essere naturale fra compagni. La Compagna Nahid non ha problemi per questo." Quel giorno andai a casa senza aver fatto niente. Ora che conosco le sue intenzioni, sapevo di trovarmi in una ben brutta situazione. Da un lato avevo di fronte la povertà e dall’altro il mio onore era messo a repentaglio. Mio marito non poteva camminare e io dovevo procurarmi il cibo per mio figlio e le mie tre figlie. Non avevamo nessuno che ci aiutasse. Inoltre, mio fratello vendette la nostra casa e se ne andò in un altro continente senza darci la nostra parte.
I nostri problemi aumentavano ogni giorno. Il mio stipendio non bastava a pagare l’affitto e a comprare il cibo. Avevo uno stipendio da lavoratore di livello 10. L’amministratore mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che avrei dovuto lavorare oltre l’orario perché conosceva quali problemi avessi. Mi disse che mi stava facendo un favore e io accettai la sua proposta. L’amministratore mi chiamava in ogni momento nel suo ufficio e continuava a ripetermi le sue richieste e a dirmi che non era immorale quello che mi chiedeva. Mi disse che dovevo concentrarmi su come risolvere i miei problemi e che dovevo fare quello che mi chiedeva. Talvolta arrivava anche a minacciarmi, mentre altre volte era gentile. Alla fine chiese aiuto alla famosa Nahid. Questa aveva detto che "queste donne dormono sempre e devono essere svegliate. Queste cose le preoccupano sempre." Un giorno mi disse "Cara (L) tuo marito è malato e tu sei in stato di bisogno come tutti, non è un gran problema fare questo” e dopo queste parole lasciò l’ufficio.
Infine l’amministratore ottenne quello che voleva, mi prese con forza nel suo ufficio e ripeté questo atto parecchie volte. Dopo di allora dovevo essere a sua disposizione tutte le volte che voleva.
Dopo un po’ di tempo mio marito morì, le mie figlie stavano diventando grandi e io lavoravo come inserviente e come giocattolo per l’amministratore. Avevo trovato qualcuno che voleva sposarmi, ma quando seppe dell’amministratore se ne andò.
Arrivò un’altra persona e sposò mia figlia maggiore. Dopo un po’ di tempo, mia figlia gli raccontò tutto sui miei affari illegali e mio generò mi butto fuori di casa e si tenne la mia altra figlia con sé. Mio figlio andò a vivere da suo zio e diventò un apprendista presso la sua officina di radio. Pur essendo contenta che le mie figlie non siano diventate come me, mi spiace di non poterle andare a trovare nella loro casa. Ho fatto quello che ho fatto e ora loro mi chiamano prostituta. Ho lasciato il lavoro dopo che le persone hanno saputo dei miei rapporti con l’amministratore. Vagai per un po’ in giro e andavo ovunque venissi invitata senza alcuna esitazione e alla fine sono approdata qui. Sto diventando vecchia e i clienti non si interessano molto a me e spesso sto per giorni interi senza vedere un cliente. Talvolta non ho neppure un pezzo di pane da mettere sotto i denti. Anche i miei clienti abituali, molti dei quali sono giocatori, non vengono più da me. Solo uno o due di loro continuano a venire, ma solo se vincono soldi al gioco. A causa dei problemi di sicurezza, siamo costrette a cambiare spesso casa."
Qol-e-Aabchakaan
In questo bordello lavorano tre donne e una ragazza, che sono perennemente sotto il timore di essere arrestate. Queste donne si sono presentate come (QR), (F) e (N). Il bordello è gestito da un uomo, che non ha voluto dirci il suo nome e da una donna di mezza età (N. Z.). N. Z. ci ha raccontato la sua storia ;"Sono un membro della popolazione originale del Kharaabaat. Faccio questo lavoro da anni ormai. Prima, quando ero giovane, cantavo e ballavo durante i matrimoni. Ho anche lavorato come artista presso il Old Marastoon Sahna, che si trova nel mandawi di Kabul. La mia giovinezza è trascorsa serenamente. Le mie figlie si sono sposate e stanno nelle case dei loro mariti. Non ho figli maschi. Mio marito suonava strumenti musicali. Quando morì anni fa, per un po’ di tempo ho vissuto da sola. Quando i talebani e i Mulas hanno proibito la musica e la danza mi sono messa a fare questo lavoro e ora sono due anni che lo faccio. Non possiamo restare a lungo in una stessa zona. Quando le persone scoprono il nostro segreto ce ne andiamo. I Jehadi erano buoni, pagavano bene e soprattutto i Dostumi erano molto generosi."
Q. R. ha raccontato la sua storia : "Siamo arrivati a Kabul molto tempo fa. Mio marito (G) aveva una casa da gioco a Bagh-e-Qazi e lavorava anche come conducente di autobus sulla linea Kabul-Qandahar. Era un giocatore e perse tutto quello che è riuscito a vincere e oltre a tutto era un pederasta. Continua a giocare e a commettere atti di pederastia. Quando perde viene da me e mi costringe a dargli dei soldi. Durante il regime di Karmal è stato arrestato a causa di una violenta lite scoppiata nella sua casa da gioco e nonostante che non lo amassi più ho cercato di aiutarlo. Mi sono recato dal capo della polizia di Shotor Khana Police Station che era anche membro del partito e questi mi disse che oltre al reato del gioco, mio marito aveva pugnalato qualcuno e poi mi disse di tornare nel suo ufficio il giorno seguente. Il giorno dopo, mentre parlava con me, mi disse "lei è una bella donna, perché ha sposato uno con il vizio del gioco? Dovrebbe liberarsi di lui. Se vuole la posso aiutare e poi ci sposeremo insieme." Gli dissi che anche se non era uno stinco di santo, quell’uomo era pur sempre mio marito e avevamo un figlio e inoltre avevamo vissuto insieme per un po’ di tempo. Egli rispose che mi avrebbe pagato le mie spese se diventavo la sua compagna, ma io non posso andare con altre persone. Rifiutai la sua proposta e cercai di liberare mio marito in qualche altro modo. Poiché la chiave della libertà di mio marito era vincolata a quell’ufficiale non riuscii a fare niente. Un giorno quell’ufficiale mi mandò a chiamare per dirmi di andare da lui, perché in quella giornata avrebbero portato mio marito presso il quartier generale di Wulaiat. Andai a trovare mio marito e questi mi disse che dovevo fare quello che mi chiedeva l’ufficiale. Mi misi a disposizione dell’ufficiale e mio marito fu liberato e riprese a lavorare a Herat Highway. L’ufficiale si mise a frequentare casa nostra quando non c’era mio marito e pagava alcune delle nostre spese. Mio marito venne a sapere questa situazione, ma non ne fu sconvolto, mi disse solo di stare attenta perché stavo perdendo il controllo.
Mio marito riprese a giocare e lasciò il suo lavoro. Un giorno si trovò coinvolto in una rissa e fu messo in prigione a Qandahar. Frequentavo abitualmente quell’ufficiale finché un giorno se ne andò non so dove e non l’ho più rivisto dopo di allora. Stabilii delle relazioni con due altri uomini. Mio marito uscì di prigione sei mesi dopo e tornò a casa. Era venuto a conoscenza delle mie relazioni, ma non disse niente. Una settimana dopo disse che saremmo andati in Iran. Pensai che andassimo lì perché era preoccupato della sua cattiva fama e voleva allontanarsi da tutto. Quando siamo arrivati in Iran pensai che si sarebbe cercato un lavoro ma mi sbagliavo.
In Iran abbiamo affittato una casa e lui portava a casa clienti iraniani per me. Mi disse che non poteva fare l’operaio. Mi sono venduta per due anni in Iran.
Quando Najeeb prese il potere, siamo tornati a Kabul e abbiamo comprato una casa a Shar-e-Kohna con i soldi che avevo guadagnato con la prostituzione. G si rimise a giocare e perse tutti i soldi che avevo guadagnato prostituendomi. Oltre al gioco, egli era diventato anche un ruffiano, aveva trovato un’altra donna e le portava a casa i clienti. Mia figlia stava diventando grande e venne a sapere che genere di lavori facessimo io e suo padre. Sto molto attento affinché G non getti nostra figlia nella sua vita miserabile. Prima che arrivassero i talebani, questo lavoro non presentava molti pericoli, mentre ora viviamo nel perenne terrore e inoltre non abbiamo molti clienti.
Non ho rapporti amichevoli con N.Z e con l’uomo che gestiscono questo postribolo. Essi mi minacciano sempre dicendomi che se G non cambia comportamento dovrò lasciare il bordello. Inoltre G organizza incontri di pederastia con alcuni membri del ministero della sicurezza (uno di questi si chiama Gul Mohammad) contro la volontà di N. Z. e delle mie altre colleghe. Prende ragazzini mendicanti per compiere atti di pederastia.
Lo scorso inverno, essi hanno avuto una rissa durante una festa pederasta e il nostro segreto ha rischiato di essere scoperto. Abbiamo deciso di andarcene da questa casa. Un’altra ragione per cui ce ne andiamo è che alcune delle persone che vengono qui chiedono di sodomizzarci e la cosa non ci piace."
(F) ha raccontato la sua storia : "Mio marito lavorava come autista. I Jehadi lo hanno ucciso mentre lavorava a Jabul Saraj e hanno bruciato il suo camion. I miei figli sono diventati orfani e noi non siamo più stati in grado di pagare l’affitto e di comprarci da mangiare. Ho dovuto chiedere prestiti e sono sempre piena di debiti. Nessuno ci aiuta. Ho iniziato quindi a lavorare a casa delle persone a cui lavavo i vestiti. In una di queste case mi sono trovata coinvolta in una storia con un uomo. A causa di questo fatto mi sono creata una cattiva fama e sono diventata una prostituta. Ora sono cinque anni che lavoro come prostituta. Prima che arrivassero i talebani io ballavo durante i matrimoni per pagare i miei debiti. Avevo fatto un po' di soldi e avevamo preso una casa in affitto. Porto i miei clienti vecchi o nuovi che siano in quella casa e quindi posso tenermi tutti i soldi che mi danno.
Durante lo scorso inverno, un poliziotto della stazione della polizia afgana di Deh mi ha scoperto nella sua casa e si è messo a portare con sé due uomini, uno dei quali è un arabo di nome Abdullah che pagava, mentre l’altro uomo no. Ora hanno lasciato la stazione e non li ho più visti.
Se non trovo clienti vado a mendicare e se non ricevo niente mi prostituisco. In qualche modo devo procurarmi da mangiare. Vivo in costante terrore. I talebani non ci danno cibo e non ci permettono di mendicare. Non si chiedono neppure mai che cosa ci abbia spinto a tanto. Se mio marito non fosse stato ucciso io non sarei diventata una prostituta o una mendicante. Sono i criminali Jehadi ad averci messo in questa situazione.
N. Y. È il nome della ragazza che lavora in questo bordello. Non è sposata e ci racconta la sua storia : "mio padre voleva farmi sposare mio cugino ma a me non piaceva. Ho studiato fino all’età di nove anni e so leggere e scrivere. Mi ero innamorata di un commesso di Sarak-e-Qala-e-Mousa. La nostra casa si trovava in quella zona. Un giorno dissi i miei sentimenti a quel commesso, ma egli si scusò dicendo che non poteva sposarmi senza il permesso dei suoi genitori. Provai a insistere, ma non accettò e disse di uscire dal suo negozio.
Quando sono arrivati i Jehadi ho lasciato la scuola. Mio madre andò a trovare quel commesso che però l’ha rassicurata. I miei genitori mi hanno costretta a impegnarmi con un ragazzo che era un operaio, anche se a m e non piaceva. Fra il Concilio di Nizaar e il partito Wahdat erano appena incominciate scaramucce di fazione intorno a Char-Qala-e-Wazir-Abad e il Concilio di Nizaar aveva messo una postazione proprio vicino alla nostra casa. Mio padre iniziò a lavorare per loro come cuoco e questo era un buon aiuto finanziario. A causa del lavoro di mio padre, un uomo del Concilio di Nizaar, che abitava anche lui a Parwaan e che si chiamava Agha Bacha si mise a frequentare casa nostra e siamo diventati intimi. Un giorno siamo andati segretamente in città dove il mio fidanzato, che era molto protettivo ma che era anche un assiduo lavoratore, mi ha comprato un anello d’oro.
Ho continuato i miei rapporti con Agha Bach che era il capo del gruppo del Consiglio di Nizaar. Un giorno è arrivato a casa nostra dove mi ha trovato da sola e mi ha sodomizzata. Ha ripetuto quell’atto varie volte fino a quando la gente se ne è accorta e ha iniziato a parlarne. Quando il mio fidanzato ha saputo il fatto si è messo a lottare contro Agha Bach e lo voleva uccidere, ma gli amici di Agha Bacha lo hanno arrestato con il pretesto che era in contatto con gli Wahdati.
A causa del timore per la mia vita e della vergogna che avevo portato ai miei genitori, andai a Peshawar, in Pakistan accompagnando un ragazzo che conoscevo. Ho trascorso alcune notti a casa dei suoi parenti, ma poiché non avevamo soldi poi siamo ritornati indietro. Quel ragazzo non mi aveva niente ma mi disse che il sesso con la moglie di altri è una cosa disonorevole. Mi disse che ero leggera e inaffidabile, se così non fosse stato mi avrebbe sposata quando eravamo a Peshawar. Ci siamo poi separati a Pul Mahmood Khan, cioè mi ha lasciata lì e se ne è andato. Per un po’ di tempo ho girato per le case dei miei parenti, i parenti che però erano a conoscenza di questa situazione non mi fecero entrare in casa loro. Per abbreviare questa lunga storia, sono arrivata qui. Poiché ero giovane e vergine essi mi hanno accettato con gioia in questo bordello. All’inizio venivo pagata moltissimo al proprietario del postribolo e i clienti portarono un orologio e dei vestiti per me." Disse ancora, " Mi pento di tutto quello che ho fatto. Quando penso al mio fidanzato vorrei quasi suicidarmi ma N. Z. mi controlla e non mi lascia molte possibilità.
Dal giorno in cui ho iniziato a fare questo lavoro tutti gli uomini che arrivano qui preferiscono avere rapporti con me e, a causa dei rapporti troppo frequenti con gli uomini, ho contratto una terribile malattia difficile da curare.
Oltre alle prostitute professioniste che lavorano nei bordelli, ci sono parecchie donne che, a causa di problemi familiari, non possono lavorare nei postriboli. Queste donne lavorano per strada come mendicanti e invitano i clienti a casa loro.
È innegabile e inopponibile il fatto che le giovani donne di Kabul a causa di problemi economici, povertà e fame, sono diventate prima mendicanti e poi si sono trasformate in prostitute. Queste donne sono migliaia e il loro numero e in aumento.